Le corde giuste: intro a bondage e shibari

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Un aperitivo a base di corde e shibari

Cosa ho fatto lo scorso weekend? Niente di che: spesa, un po’ di relax, un aperitivo bondage… Ok, frena, che? Sì, ho avuto l’opportunità e il piacere di partecipare al mio primo peer rope, ovvero un incontro dove appassionati di bondage si ritrovano per praticare, o anche solo per parlare, guardare, scambiarsi info, ma soprattutto divertirsi. Come ho imparato in questa mia prima immersione nel mondo bondage, in molte città esistono associazioni che organizzano, oltre questo tipo di eventi, corsi e workshop. Tutto in luoghi molto intimi, ‘segreti’ (per proteggere la privacy dei partecipanti, ma proprio per questo molto accoglienti e sereni. In questo caso, l’evento, organizzato dall’associazione Bdsm Bologna Project, era dedicato a un ‘settore’ del più ampio bacino Bdsm, ovvero il bondage, e nello specifico a quello praticato con le corde, detto anche Shibari. La parola, che deriva dal giapponese, indica una forma artistica di legatura, fatta con corde sottili, di juta o canapa, appositamente studiate e annodate per creare, oltre a legature, sospensioni e imbragature, un insieme artistico ed estetico.

Devo dire la verità: è stata un’esperienza interessante e molto stimolante. Mi ha dato modo di provare e vivere in prima persona un tipo di fantasia che da tempo mi stuzzicava e, credo, di capire un po’ meglio questo mondo così spesso avvolto da mistero se non proprio disapprovazione. Il ritrovo era in un piccolo appartamento, arredato con cuscini e tappeti, un palco con tatami con una struttura per le sospensioni, altri punti di ancoraggio in giro per la stanza e un ricco buffet. La musica e il calore dei partecipanti ha dato all’insieme una dimensione quasi familiare.

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Consenso e sicurezza

Innanzitutto, bisogna chiarire una cosa (anzi due): così come ogni gioco e pratica (sessuale o meno) deve essere fatto con il consenso dei partecipanti, anche il bondage è legato a doppio filo (pardon) a questo fondamentale passaggio. Anche per questo gli organizzatori del peer rope hanno distribuito degli adesivi colorati: il rosso stava per ‘non voglio fare nulla, quindi non chiedere’, il giallo per ‘sono qui per giocare, ma prima parliamone‘ e il verde ‘fammi quello che vuoi’. Chiedere è comunque cortesia. Io ho optato per un giallo che mi desse l’opportunità di guardarmi intorno con calma e decidere se partecipare.

Altra cosa, allo stesso modo fondamentale: la sicurezza. Anche un’innocua corda se troppo stretta o legata male o nel punto sbagliato può essere letale. Il bondage (e lo shibari in particolare, soprattutto quando prevede delle sospensioni) non è qualcosa che si può improvvisare. Anche solo per legare i polsi del nostro partner dobbiamo tenere presente un paio di cose, come per esempio non stringere troppo la legatura (il sangue deve circolare) e tenere sempre a portata di mano un paio di forbici per tagliare in fretta tutto, nel caso ce ne fosse bisogno. In ogni caso sarebbe meglio seguire un corso, soprattutto se l’intenzione è quella di eseguire legature complesse.

Torniamo al peer rope. Dopo qualche minuto passato a gironzolare per il posto (che tra l’altro ospitava anche una piccola mostra di foto artistiche), faccio amicizia con un ‘outsider’ come me. A differenza mia, il mio nuovo amico è un habitué di peer rope e incontri Bdsm, nonché un esperto legatore, ma veniva da fuori città, uno stratagemma per proteggere la propria privacy, oltre che per scoprire nuovi ambienti e gruppi di appassionati. E’ stato così gentile da rispondere a tutte le mie curiosità e a darmi persino una dimostrazione delle sue abilità.

Sì, mi sono fatta legare. Ma ne parleremo a breve.

Legare o farsi legare

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Un tipo di Shibari a ‘imbragatura’ (foto SpluS)

Come nel Bdsm o qualsiasi gioco di ruolo che prevede uno scambio di potere tra le parti, esiste un Top e un Bottom. Il Top (che nel rope bondage viene definito Rigger) è colui o colei che agisce, in questo caso che lega e slega, il Bottom (o in questo caso, Bunny) è colui o colei che subisce, chi viene legato. All’apparenza è il Rigger ad avere il coltello dalla parte del manico e a prendere le decisioni, ma il vero controllo della situazione è nelle mani del/della Bunny, perché è quest’ultimo che, con una o più parole scelte appositamente prima di iniziare, può sospendere o interrompere la pratica, se sente troppo dolore o semplicemente se qualcosa non va come previsto. E’ comunque premura del Rigger accertarsi che il o la ‘sua’ Bunny sia a suo agio e stia bene, prima, durante e dopo la sessione. Insomma, la responsabilità in gioco è tanta e di fatto una persona, in questo caso il/la Bunny, si affida interamente a un’altra.

Un concetto che lo Shibari dimostra alla perfezione. Ho visto Bunny quasi in trance, completamente rilassati e in pace col mondo, anche mentre erano appesi come salami a testa in giù. Per non parlare del livello di fiducia che richiede permettere a un quasi estraneo (per me almeno, gli altri partecipanti si conoscevano sicuramente da più tempo, ma qualche outsider c’è sempre) di limitare i tuoi movimenti. Questa per me è stata la sfida maggiore, ma anche ciò che mi ha dato sensazioni molto vivide e interessanti.

Perché le corde

Il suono secco di una sculacciata sovrasta per un attimo la musica, seguito da un gemito a metà tra il dolore e il piacere. C’è chi apprezza, dopo essere stato legato, qualche sensazione in più. “Ho provato anche la frusta una volta – sento dire la Top-sculacciatrice -. E’ molto figo, soprattutto lo schiocco. Ma le corde...”. Eh, le corde. “Il bondage non è che una parte, forse il 30% del mondo Bdsm – mi spiega il mio nuovo amico – e ognuno vi si avvicina per motivi diversi. C’è chi prova piacere nell’essere immobilizzato, chi è più interessato al lato estetico dell’esperienza, chi è stimolato dalla texture stessa della corda”. E per chi lega? “Legare è un’arte, una disciplina. Richiede pratica e dedizione, hai una grande responsabilità tra le mani, il benessere di un’altra persona. E’ elettrizzante, ma anche molto zen”.

“E’ un modo per esprimere qualcosa“, spiega il maestro di Shibari del Bdsm Bologna Project, durante un gioco-esercizio aperto a tutti. Un minuto per legare, uno per slegare, abbastanza per trasmettere un messaggio. Con lo stile di un nodo, la tensione della corda, la scelta di un arto da legare invece di un altro. Mi siedo, osservatrice attenta. Le corde si tendono, scivolano ruvide sulla pelle, i nodi si accavallano e formano linee simmetriche e armoniche che talvolta affondano nelle curve dei partecipanti attraverso i vestiti.  Slegare è un’arte, al pari della legatura, c’è chi la affronta con lentezza, dando un ultimo strattone prima di liberare la propria Bunny, e chi slaccia i nodi quasi in un colpo solo, sostituendo con il proprio corpo l’abbraccio delle corde sul partner. E’ un momento quasi zen. Ma mai come le sospensioni.

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Nel vuoto: le sospensioni

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Un tipo di semi-sospensione (foto Martin)

Chiariamo subito una cosa: le sospensioni sono l’equivalente dei salti mortali. Tutti sappiamo fare più o meno una ruota, ma nessuno si sognerebbe di fare un salto mortale lanciandosi da un trespolo sospeso nel vuoto, senza aver prima studiato il modo per farlo ed essersi esercitato fino allo sfinimento. Per le sospensioni, ovvero quando il Rigger lega il Bunny ‘appendendolo’ a un sostegno (che deve essere ben fissato, ovviamente) vale la stessa regola. Persino il Bunny deve essere ‘allenato’, per dare le giuste indicazioni al suo legatore, per capire quando il dolore non è buono, quando sta per cadere o non è assicurato a dovere o anche solo per resistere in una posizione scomoda per vari minuti.

Quindi: niente improvvisazione.

Detto questo, le sospensioni almeno viste dall’esterno, sono davvero intriganti. Nelle sospensioni molti si abbandonano completamente e forse è questo ad attirare i più verso questa fantasia. Una ragazza dondola placida, legata a un sostegno, come se stesse dormendo, l’espressione estatica e gli occhi chiusi. Una coppia molto affiatata mette in scena una vera e propria performance sul palco principale. La totale concentrazione e dedizione di lui che la lega e il tangibile piacere nell’abbandono di lei, che gli si affida completamente, danno vita a qualcosa di potente, in grado di colpire persino una ‘profana’ come me. Voglio provare.

L’esperimento

Il mio nuovo amico è molto disponibile e gentile. Prendiamo possesso di un cuscino e troviamo un angolo di pavimento libero, a fianco ad altre coppie. Mi spiega cosa farà prima di iniziare, mentre tira fuori cinque corde rosse, tutte adugliate in modo preciso. Proverò la stretta di un Takate Kote, un tipo di legatura che una serie geometrica di nodi sulla schiena che spesso è usata anche nelle sospensioni. Nel mio caso però, vista le mia inesperienza, rimarremo con i piedi per terra. Chiudo gli occhi e lo lascio fare.

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La legatura Takate Kote sulla sottoscritta

Inizia con il legarmi le mani dietro alla schiena. Mi lascio cullare dalla musica, dal rumore sottile delle corde sui miei vestiti e dai movimenti ondulatori creati da ogni spira che si stringe. La sensazione è… interessante. Ogni tanto il mio compagno di giochi mi chiede se sento formicolare le mani o se le corde sono troppo strette. Lo sono al punto giusto. Dopo avermi immobilizzato le braccia lo sento armeggiare sulla schiena mentre esegue la sua opera d’arte di nodi, per cui impiega tre corde. Poi mi chiede se può legarmi anche una gamba. Perché no? Mi metto più comoda e lui con le corde mi avvicina il polpaccio alla coscia, con una legatura sulla gamba piegata, tutt’attorno al ginocchio. Quando ha finito mi chiede se va tutto bene (benissimo), poi procede a slegarmi con cura. Io sto pensando al mio ragazzo e a cosa avrei provato se al posto di un compagno di giochi gentile e preciso conosciuto questa sera, ci fosse stato lui. Non c’è stato nessuno contatto ‘sessuale’ o inappropriato, nessuna nudità. Ma posso facilmente intuire la portata di una simile situazione in un ambito più intimo e privato. E l’idea non mi dispiace.

“Queste sono occasioni per fare pratica, conoscere altre persone, provare qualcosa di nuovo – mi spiega il mio nuovo amico -. Ma in una relazione stabile il bondage o il Bdsm hanno un peso diverso, una dimensione a sé e danno una marcia in più al rapporto, se sono fantasie condivise da entrambi”.

Risultato dell’esperimento: mi informo sui corsi di shibari. Che per chi è interessato nelle zone di Bologna e dintorni, possono essere trovati sulla pagina Fecebook del Bdsm Bologna Project.

 

5 thoughts on “Le corde giuste: intro a bondage e shibari

  1. Ottimo racconto,ho abbandonato il bar e letto tutto d’un fiato, adoro lo shibari, uso corde di iuta antiche.
    Verissimo con un partner sessuale l’intensità cambia, anche il ritmo e il tempo passa troppo velocemente. Ukè colei che subisce deve essere altrettanto brava nel dosare lo stress del corpo. Non è a senso unico si interagisce, costante contatto e intenti.

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