Pensieri “non lineari” sullo stupro della Fortezza

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Ero indecisa se scrivere questo post. Vista la natura volutamente ironica di questo blog, cerco di trattenere e contenere al minimo le eruzioni della mia femminista interiore (perché sennò ci sarebbe ben poco da ridere). Ma la sentenza del cosiddetto Stupro della Fortezza (provincia di Firenze) mi ha davvero toccato dentro, soprattutto perché la ritengo un attacco frontale senza precedenti alla libertà sessuale delle donne. Un grandissimo, epocale passo indietro su così tanti fronti che se non fosse un atto giudiziario sembrerebbe una puntata di Scherzi a Parte.

E visto che uno degli obiettivi di questo blog è parlare di (e quindi distruggere) tabù legati alla sessualità, mi sento toccata sul vivo.

Un piccolo e non esaustivo riassunto dei fatti (per chi volesse approfondire, qui la vicenda giudiziaria, qui la sentenza integrale del processo di appello e qui la lettera della vittima): una ragazza, ubriaca dopo essere stata in un locale con amici, racconta di essere stata violentata da un branco di 6 persone. Al processo di primo grado gli stupratori vengono condannati a quattro anni, ma la sentenza di appello ribalta tutto: assolti perché lei era “ubriaca ma presente a sé stessa e poteva gestire quello che stava accadendo”. Ma soprattutto la sua “bisessualità” e la sua “vita non lineare” ha reso la sua testimonianza “vacillante”.

Ecco. A me viene la pelle d’oca anche solo riscrivere queste cose.

In primo luogo perché sono state scritte da dei giudici (fra cui anche donne) in una sentenza definitiva. Ma soprattutto perché il loro significato (oltretutto molto discriminatorio per le persone LGBT e bisex) mette di fatto noi tutte nella condizione di essere ‘stuprabili’ senza conseguenze (per gli stupratori, ovvio) se deviamo da quella famosa linea, tracciata non si sa da chi, non si sa quando né come, che dovrebbe costituire la nostra vita, in particolare quella sessuale.

Ovvero, se si è bisex, omosessuale o banalmente alla scoperta della propria sessualità, se si ha avuto rapporti occasionali, se si ha convissuto con qualcuno (non è un esempio: anche questa postilla è nella sentenza) la nostra testimonianza in caso di stupro potrebbe avere meno valore. La nostra stessa vita avrebbe meno valore. Perché saremmo delle ragazze e delle donne “non lineari”. Chissà, forse anche tenere un blog come questo, dove il sesso non è qualcosa da nascondere o evitare, potrebbe essere “non lineare” e rendermi una potenziale vittima non attendibile.

Ora, io non so voi, ma la mia vita è tutto tranne che lineare. Il lavoro a singhiozzo, le relazioni, le trasferte, lo studio… E l’ultima cosa che voglio è dover fare l’equilibrista su linee tracciate da altri, sulla base di stereotipi e aspettative irreali e illogiche, che ogni giorno ci ingabbiano e bloccano in ideali di donne contraddittorie e irraggiungibili. Non sono più linee, sono lacci e corde e catene fatte per tenerci lì in basso, nel fango, a doverci vergognare di colpe non nostre e scontare pene non nostre per il solo fatto di aver fatto un passo fuori dal sentiero tracciato.

Mi fa davvero paura tutto questo. Perché non c’è corso di autodifesa o spray al peperoncino che possa contrastare un simile pugno nello stomaco. Se anche la giustizia ti stupra, ancora e ancora, violenta ciò che sei e smembra la tua vita davanti a tutti, non so davvero cosa resta.

Io continuerò a fare quello che faccio, a camminare per strada, a uscire la sera, a scrivere, a farmi valere a testa alta, a non nascondere la mia sessualità. Con una nuova paura sulle spalle, certo, una in più da aggiungere alle tante che ognuna di noi donne porta addosso, tutti i giorni. E’ sfibrante, doversi sempre guardare le spalle.

Ma mai stanca, mai paga, mai piegata. Come la vittima di questo stupro. Leggetela, la sua lettera. Fa male lo so, ma è necessario per vedere, per capire cosa significa vedersi crollare ancora il mondo addosso, quando sembrava non ci fosse più nulla da distruggere.

E per capire come si può andare avanti, nonostante tutto. Come dimostrano anche due campagne di solidarietà alla vittima e mobilitazione: la prima è una petizione su Change.org, mentre la seconda è una foto-mobilitazione con l’hashtag #nessunascusa lanciato dalla ‘Rete della Conoscenza’ su Twitter e Facebook.

nessunascusa

7 thoughts on “Pensieri “non lineari” sullo stupro della Fortezza

  1. Il reato di stupro non ha senso di esistere: la violenza è violenza, tanto che riguardi o non riguardi il sesso, e la violenza va sempre repressa (a meno che si tratti d’autodifesa) senza troppi cavilli. Pensaci, considerare le cose con questo taglio sarebbe vantaggioso per tutti, donne comprese — verrebbe a cadere la possibilità di fare stupide distinzioni tipo quelle del caso che hai riportato.

    1. Non credo che le distinzioni siano stupide. Soprattutto in questo caso, visto che di violenza fisica (nel senso di percosse, costrizioni, lividi o altro) sembrerebbe essercene stata poca, mentre di consenso certo non ce n’è stata traccia (cosa ammessa persino dai giudici). A meno che tu non intenda il concetto di violenza ad ampio spettro, quindi anche quella psicologica o anche solo l’ignorare la mancanza di consenso. Ma in un Paese come il nostro, visto anche l’epilogo di questa sentenza, mi sembra un obiettivo purtroppo utopistico. Infine, tra un pugno in faccia e uno stupro di differenza ce n’è eccome: nei moventi, nelle modalità e soprattutto nel modo in cui bisognerebbe rapportarsi con la vittima dopo il fatto, al momento della denuncia e durante il processo. E su quest’ultima parte siamo ahimè così indietro che fa quasi male..

  2. In uno stupro di violenza ordinaria ce n’è finché se ne vuole, anche senza andare a cercare gli aspetti psicologici! A voler vedere c’è perfino qualche aspetto che, con un giudice dalle vedute un po’ “ad ampio spettro”, come dici tu, potrebbe richiamare alla mente il sequestro di persona. Il fatto che invece si minimizzi, e non certo solo nei casi di stupro, dovrebbe allarmare a 360 gradi, non solo in un’ottica “femminista”.
    A proposito dei “pugni in faccia” (citati come simbolo, immagino), non sarei così ottimista: un pugno in faccia è una storia seria con strascichi non da poco, laddove invece anche in quel campo i giudizi di chi amministra la legge sembrano essere un po’ flaccidini. Forse è perché ci propinano un po’ troppi di quei filmetti dove ti becchi una gragnuola di botte, ti rialzi, scrolli un paio di volte la testa e corri più forte di prima, dopo di che alla sera vai a ballare con il/la più strafigo/a del momento. Fantascienza. Chiedere a chi un pugno in faccia, di quelli seri, se l’è preso veramente.
    Sia ben chiaro che NON sto tentando di minimizzare lo stupro. Sto invece affermando che la violenza è sempre stupro, anche quando il sesso non c’entra, anche quando a subirla è un omaccione oltre il quintale.

    1. Mi trovi d’accordo su tutta la linea, soprattutto sul fatto che stupri e violenza non debbano essere solo un problema “femminista” ma di tutta a società, senza minimizzazioni 🙂 La mia più che altro è una specie di paura del raccogliere sotto un unico cappello fenomeni diversi. Non più o meno gravi sia chiaro, non si stanno facendo classifiche (e neanch’io volevo certo minimizzare i risultati di un pugno in faccia o altro), ma diversi. Le differenze in questi casi, secondo me contano: per studiare metodologie di indagine efficaci, per costruire percorsi di sostegno alle vittime ad hoc (esempio stupido: un ragazzo picchiato sul bus perché ritenuto gay non avrà gli stessi bisogni di una madre picchiata dal marito. E per bisogni intendo tutele pratiche come case famiglia, richieste di tabulati, controlli in casa, protezione etc.), per sviluppare modelli di riferimento (come i test da fare in pronto soccorso dopo uno stupro per la raccolta dei campioni biologici). E soprattutto per capire cosa sta succedendo a livello sociologico. Per capire come mai ogni giorno qualcuna/o venga stuprata/o o molestata/o o picchiata/o, fare profiling, intervenire con pene severe e correttive (anche in questo caso specifiche per ogni reato). Violenza e stupro sono due facce (ugualmente orride e gravi) della stessa medaglia: non c’è alcun dubbio che vadano entrambe perseguite con ogni mezzo e senza distinzioni (né divisioni) di sorta se non quelle necessarie a combattere questi fenomeni ancora meglio

  3. Ok, Vedo che non siamo poi così distanti sulla sostanza delle cose. Noi. La legge, e soprattutto la sua applicazione concreta, segue altri criteri. Non mi ci riconosco quasi mai (più), il che è preoccupante — “è un amico che s’è fatto nemico”.

  4. Seguire altri criteri che in maniera oggettiva possano secondariamente ricondurci a lui separatamente da tutto ciò che in prima battuta aveva costituito il muro divisorio d’una riconciliazione fin troppo attardata a motivo di scuse inutili e scelte imposte piuttosto futili. Se vivi all’interno di uno stato che t’impone chi coniugare oltre chi dover essere, significa che vivi all’interno d’un sistema totalitario. Sistema in cui non sei più libero di gestire la tua vita nè libero di scegliere chi amare e perchè.
    Ma libero di scegliere per converso da chi non lasciarti scegliere. In quanto il concetto è semplice se mai uno stato totalitario dovesse costringermi a trombare con cui di cui non ho voglia, ecco io declinerei, la prima la seconda ma anche la terza volta.
    Alla quarta, stai ben certo che nessuno avrebbe più interesse ad ostacolare due persone che separatamente da terzi non si lasciano tentare.
    Ma chiaramente se loro ti ostacolano e tu ci stai, esse continueranno in quanto, sperano ovviamente che tra un rinvio ed un rimando tu possa sceglierle per un per sempre. Ma se tra un rinvio ed un rimando ti domostrassi concretamente incazzato, vedresti che al terzo rimando, non guadagnandoci niente di nulla si stancherebbe e conseguentemente ti lascerebbero finalmente libero di scegliere.

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