E’ ufficiale: non bastavano i cookies, gli spam, le newsletter indesiderate e i pop-up. Ora, a quanto pare, ci monitorano anche in camera da letto. Chi? Ma i vibratori, ovvio!
Può sembrare uno scherzo (le scie kimike1!11!!), ma non lo è. O almeno, non sono uno scherzo i 4 milioni di dollari che il marchio We-Vibe dovrà pagare ai propri clienti come risarcimento per averli ‘spiati’ con uno dei propri prodotti. La sentenza è stata pronunciata da un tribunale americano nei giorni scorsi, in seguito a una class action di consumatori. A essere finito nel mirino, nel caso specifico, è il vibratore di coppia We-Vibe 4 Plus, uscito l’anno scorso. Il vibratore indossabile, oltre a essere dotato di un telecomandino, poteva essere controllato anche in bluetooth, attraverso un’app firmata We-Vibe, dedicata ai suoi nuovi prodotti. Si tratta di We-Connect, app che permette, oltre a una personalizzazione delle vibrazioni, anche di comandare il sex toy a distanza. E per distanza intendo chilometri, persino da un continente all’altro (o almeno, così era stata sponsorizzata). Proprio questa app però si è dimostrata fallace e poco sicura, almeno nel campo della privacy.

Si è scoperto infatti che l’azienda aveva raccolto, senza il permesso dei clienti, dati relativi alla temperatura, alla modalità di vibrazione e al numero di ore di utilizzo del sex toy. Dati piuttosto preziosi per il produttore di sex toys, che però ha ‘dimenticato’ di informare i propri clienti della cosa. Non solo: un gruppo di hacker, in occasione della convention Defcon, hanno dimostrato che il sistema di sicurezza dell’app We-Connect era tutt’altro che a prova di infiltrazione, anzi, qualcuno avrebbe potuto persino azionare il sex toy contro la volontà dei proprietari. E considerando che l’applicazione permette, assieme al controllo a distanza del vibratore, videochiamate e messaggistica tra i partner coinvolti, capite bene che il problema della sicurezza e della privacy è fondamentale.
Per questo We-Vibe è stata condannata a pagare 10mila dollari di risarcimento a ciascun cliente che ha usato l’app prima del settembre 2016, e 199 dollari a tutti gli altri consumatori. Una cifra totale che si aggira intorno ai 4 milioni di dollari.
Ora, non è una novità che la tecnologia sta entrando sempre i più in camera da letto sotto forma di vibratori intelligenti, app dedicate e nuovi sistemi di interazione a distanza. Per quanto mi riguarda trovo che si tratti di una tendenza positiva, a patto però (e questo vale per tutta la tecnologia, dai cellulari ai vibratori) che le persone e i loro diritti siano rispettati. Io stessa possiedo un We-Vibe 4 Plus e l’ho usato con la sua app perché la possibilità di personalizzare e creare la propria vibrazione per me è la nuova frontiera dei sex toy. Non sono molto preoccupata per la raccolta dei dati di funzionamento (We-vibe ha assicurato che i dati erano raccolti in forma anonima e solo per scopi di ricerca, ma non ci vuole un genio per intuire il valore commerciale di questi dati, oltretutto acquisiti a costo zero), ma avrei preferito essere a conoscenza della cosa. Probabilmente ora la casa madre modificherà la propria policy per la privacy, quel pippone su cui tutti clicchiamo ‘accetta’ senza neanche leggerlo, e tutto resterà come prima. Ma non potremo più dire di non sapere.

Il vero problema qui è la sicurezza per gli utenti: se la tecnologia entra in camera da letto, per quanto mi riguarda deve essere a prova di Matrix, di 007 e di attacco nucleare. Stiamo parlando dell’intimità delle persone, in un mondo dove rendere pubblico ciò che si dicono due partner può ancora distruggere carriere, relazioni e vite. E soprattutto da un’azienda così attenta ai propri clienti e sempre pronta a migliorarsi e a migliorare i suoi prodotti (di ottima qualità per giunta), mi aspetto molto di più che un’app hackerabile dai primi due tizi con un computer. Quindi, cari signori di We-Vibe, fatevi un bell’esame di coscienza e tornate ad essere i leader che eravate nel campo dei sex toys.
Ricordiamoci però che We-Vibe, pur essendo tra i marchi che hanno puntato di più sul controllo dei sex toys via app, non è l’unico marchio a produrre vibratori e sistemi simili (pensiamo ad esempio ai vibratori ‘musicali’ della Magic Motion, tra tutti). In attesa che controlli approfonditi vengano fatti anche sugli altri marchi, fate attenzione quando leggete il modulo sulla privacy. E’ una rottura leggerlo tutto, ma considerando i risarcimenti milionari che alcuni clienti riceveranno e il valore della propria intimità, vale sempre la pena di perdere una mezz’oretta per approfondire i propri diritti. Prima il dovere e poi il piacere. 😉
5 thoughts on “Del vibratore spione”
Ahahahahah no vabbè Non ci credo! Pensa tu a che so arrivati…
al di là della privacy e dei sistemi di sicurezza che facevano acqua… questo sex toy è davvero incredibile! complimenti a chi lo ha inventato e commercializzato. Certo… l’ufficio legale dell’azienda forse avrebbe dovuto sapere due o tre cose sulla normativa internazionale. Gasp… ormai abbiamo praticamente ceduto i nostri dati su tutto. La mano, dannazione, resta l’unico sex toy davvero discreto (non sappia la mano destra che cosa fa la sinistra, recita il vangelo :-D)
Per la serie: non ci si puo’ fidare piu’ neppure dei vibratori. Si tratta di una storia che fa sorridere ma anche preoccupare: nel 2017 il Grande Fratello e’ praticamente all’ordine del giorno. Certo, pero’, un po’ di privacy almeno tra le lenzuola devono lasciarcela.
Haha, ma che invenzione incredibile! Bellissima idea dal punto di vista tecnologico, però la privacy e la sicurezza per i clienti è fondamentale
Davvero interessante come invenzione, ma forse un po’ troppo rischiosa per la privacy visto che oggigiorno con questi hacker non si può stare mai tranquilli. Hahah mi immagino a portarlo in giro che vibra senza che l’hai azionato tu